“Se tutti calcolano solo quanto pagano e ricevono, non ne usciremo più. Nel ’57 avevano capito che a volte serve rinunciare a qualcosa oggi per ottenere di più domani. Dobbiamo pensare al futuro.” A parlare è Xavier Bettel, Primo Ministro Lussemburghese, dopo un estenuante e inconcludente Consiglio europeo, sul prossimo budget europeo. Era il 21 febbraio e mentre a Bruxelles si litigava sugli “zero virgola”, a Codogno si scopriva il paziente uno.
Le negoziazioni sul Recovery Fund si intrecciano con quelle sul budget, anche perché concessioni su uno saranno barattate con richieste sull’altro. Le parole di Bettel sono ancora più attuali perché alludono a una verità scomoda: non tutti condividono la visione di un’Unione sempre più stretta. Ciò è comunemente accettato nella pratica – vi sono già più geometrie variabili – ma non nella retorica ufficiale. Queste divergenze sono riemerse nelle negoziazioni sul budget, dove si sta decidendo come compensare l’uscita del Regno Unito. In Febbraio, i quattro frugali si erano opposti alla proposta della Commissione perché, come spiegava il Cancelliere austriaco, avrebbero finito per finanziare, insieme alla Germania, “il 75% dei contributi netti al budget UE.”
È innegabile, l’Unione per funzionare deve essere equilibrata. La mossa della Germania, però, smaschera il bluff dei frugali, perché mostra che durante un incendio, chi pensa al futuro è pronto ad assumersi un peso maggiore, se questo serve a spegnerlo. La definizione del proprio interesse, allora, rivela anche la propria visione sul futuro dell’Europa. E la grande novità dell’iniziativa franco-tedesca è stata concordare sulla necessità di un’UE più forte, attraverso una maggiore convergenza economica – visione tedesca – e una sovranità europea – visione francese – trovando così una sintesi alla dicotomia tra responsabilità e solidarietà.
Alla base della proposta dei frugali, invece, c’è una visione dell’integrazione meno profonda. Ciò non può essere omesso. Né le spiegazioni si possono limitare ad enunciare i rischi di azzardo morale – cioè opportunismo ex post – solo di alcuni. La verità è che tutti, se possono, approfittano delle incompletezze dell’UE. Che differenza c’è tra il nostro azzardo morale e il comportamento di alcuni paesi dell’Europa centro-orientale che ricevono fondi ingenti, ma non rispettano i valori europei? Un deficit eccessivo è forse peggiore di una competizione fiscale sleale o della sospensione senza scadenza di un parlamento?
Il nodo non è empirico, ma politico. Per completezza, andrebbe detto che è difficile ridurre i rischi di azzardo morale se ci si oppone ad una maggiore integrazione. Ciò non significa spostare l’attenzione dalle numerose responsabilità dell’Italia. Significa dire con chiarezza che è altrettanto grave continuare a nascondersi dietro percentuali e alibi, per quanto legittimi, per celare che la posizione dei frugali è anche frutto di un’idea diversa di integrazione. Chiamiamoli Euro-ostruzionisti, altro che frugali.
La pandemia è una tremenda cartina di tornasole anche in questo. Chi non vuol avanzare insieme lo dica: non sarebbe la prima né l’ultima volta in cui viene usato un opt-out. Al debito eccessivo, alle riforme necessarie e a tutti i mali italiani dobbiamo urgentemente porre rimedio. Non esiste, però, soluzione alla mancanza di volontà di progredire nell’integrazione europea. Non possiamo più rimandare questo confronto e la Conferenza sul Futuro dell’Europa offre l’opportunità di farlo insieme ai cittadini.